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Arrivederci, Mostro! vs. Chokabeck

Nel 2010 sono usciti tutti o quasi. La cosa fa godere in termini di mero gusto musicale, e quasi stupisce in un periodo davvero nero per l'industria musicale. Eppure, classifiche a parte, è stato un anno particolarmente fertile per la musica italiana che non sentirete mai se non ve la andate a cercare. Ed è un peccato che sia rimasta sommersa, visto l'autismo nei media nazionali (abbiamo persino una radio di sola musica italiana che tramette all'incirca il 2, 3% di quello che vien fuori dai nostri studi di registrazione ogni anno), e non aiuta una certa tendenza all'esterofilia - che ok che fanno più e fanno meglio, ma non schifiamoci il cortile, anzi... -, e duecento milioni di altre ragioni che a elencarle sembriamo troppo dei comunisti in cachemire.

Giusto per non parlare solo di cinema, ogni tanto mi piacerebbe fare un po' il termometro del nostro pop italico, tanto per annoiare deliberatamente anche i pochi comunisti in cachemire che ci seguono dalla Federazione Russa. 
Per questa prima puntata, mi occupo di quelli che sono stati, in termini di vendite, almeno, i due dischi italiani dell'anno: Chocabeck di Zucchero e il "primo ovunque" Arrivederci Mostro di Ligabue. Tra i due ci sarebbero i pupilli della De Filippi e Biagio Antonacci, in realtà, ma, visto che ci occupiamo di due cose per volte e almeno una delle due vorrei che mi piacesse (al di là del fatto che Zucchero fa il culo a Toto Cutugno all'estero e così via), ho scelto il nuovo disco dell'Adelmo Fornaciari.

Piacere pesce...

Non perdiamo tempo e andiamo subito al sodo con Arrivederci, Mostro! di Ligabue. Mostro lo dirai a tua sorella, 'a Toro Seduto.

1. Quando canterai la tua canzone
"Arimortacci, Vostra!" inizia col botto! Un riff, con la batteria e il basso che sembrano un gruppo rock californiano alla MTV. E Ligabue? Ah, arriva dopo.
Prosegue il tema cardine del Luciano: il mondo è cattivo, vivi come ti pare, e fanculo chi ti dice qualcosa- "lasciamo gli altri a commentare". Eh ok. C'è bisogno di dirlo ogni volta che esci con qualcosa?  Sto discorso lo abbiamo già fatto qui, ma puoi anche sbattertene di quello che dicono, senza che gli dedichi così tanta attenzione. Qui si definisce "Ciurlare nel manico", Lucianone.

2. La linea sottile
Oh, eccolo: Luciano ha appena realizzato che alcune cose sono una cosa ma ne comportano/conseguono anche un'altra, e che questo comporta il fatto che non possiamo isolarci dal mondo medesimo (Paolo Conte escluso). Wow. E, nel frattempo, ci sta anche la strizzatina agli aficionados ai lettori de La Casta ("i primi che mangiano tutto e gli ultimi pagano tutto quel conto"); agli ottimisti di ritorno ("i traguardi che sono partenze ed un tramonto che è come un mattino"); ma anche ai giovani compratori twilightiani ("A mia volta  ti apro la casa / e ti trovi davanti a un vampiro / che a mia volta devo succhiare / tutto l'amore che riesco a rubare"). Oltre ad essere un esempio splendido di pigrizia lirica e di lieve disturbo ossessivo-compulsivo, mi si rafforza la convinzione di uno che si sia rifugiato nel ruolo del Dalai Lama al Lambrusco, per potersi giustificare in qualche modo come "poeta che parla la lingua dei ggiovani". Ma "cosa pensi di fare, da che parte vuoi stare?" Diccelo, una volta per tutte, Lucianone.

3. Nel tempo
È tornato il gruppo rock californiano di prima in versione "C'ero - Manca". In questa canzone, pensate un po', ci sono: Zorro, Blek, Braccobaldo, Lavorini, la 1100, De Gregori, i Police, Berlinguer, Moro, Falcone e Borsellino. Manca Vermicino e ci siamo portati a casa "I migliori anni" versione catto-comunista, Lucianone.

4. Ci sei sempre stata
E vai con la ballata e gli accendini. Passabile, con tutti i crismi della canzoncina dell'ammore un po' emancipata, ma va bene così, Lucianone.

5. La verità è una scelta
Mi distraggo un attimo e arrivano i Nine Inch Nails! No, ma cosa dico... è Ligabue. Bravo Liga, arrangiamento coraggioso per un disco pop-rock italiano. Sì, quindici anni fa. Ah giusto, è colpa del produttore! Cazzarola, Lucianone!
N.B: In questa canzone, torna a grande richiesta l'analogia passo - tappe dell'esistenza. Guest starring: il nichilismo da cortile contro i politicanti. Questa volta però c'è un tema nuovo, e  questo mi pare pure importante: la necessità della coerenza etico-morale, di veglia perenne contro la prevaricazione. E parla male di Berlusconi, se devi, cazzo!
Pezzo migliore del disco? Pezzo migliore del disco, ma di tanto così.

6. Caro Francesco
Quando la dedica diventa un insulto. In questa canzone si parla essenzialmente di ipocrisia, come in metà di canzoni di questo disco. E basta. I giornali corrono dietro a ste cose: d'altronde, quando prendi  un classico della canzone d'autore italiana, cerchi di continuarlo con altri mezzi e ottieni solo una palla di un didascalismo unico, viene logico. Ma soprattutto, non potevi chiamarlo per telefono Francesco, eh, Lucianone? Cos'è un problema soffrire da soli? Già meni il torrone in TUTTE le tue canzoni, Lucianone.
Insomma, vai a chapà i ratt, Lucianone.

7. Atto di fede
A supporto del Luciano, arrivano i Coldplay, le chitarrine di Avril Lavigne e gli accordi maggiori che la canzone minchia si apre. Il testo è puramente pretestuoso e non c'entra una mazza con il pure condivisibile ritornello. Sì, se si perpetua la litania del carpe diem sembra che né Ligabue né la civiltà occidentale sia in grado di giustificarsi, vero, Lucianone? Premio della critica per “Vivere è un atto di fede nello sbattimento”, quanto siamo ggiovani, eh, Lucianone?

8. Un colpo all'anima.
Un po' anticipando la moda degli elenchi di Fazio, questo singolo è emblematico di come il Luciano nei momenti di stanca scriva le canzoni stilando liste un po' a caso, con un ritornello e una qualche catafora da appicicare tanto per garantire agli acquirenti la memorizzazione rapida. A tre quarti del pezzo, arrivano i Cream e fanno un solo e pure quelli che credono che Ligabue sia un esempio di rock italiano sono contenti. Un colpo al cerchio e uno alla botte, eh, Lucianone? (anyway, cazzo significa un colpo al cerchio e un altro all'anima?)

9. Il peso della valigia. 
La vita è una gran fatica, c'è da resistere, vai vai che poi alla fine forse arrivi. A soffrire si migliora, Lucianone?

10. Taca banda. Ooh, finalmente un pezzo un po' più genuino. Vai col blues. Sempre lista, sempre stesso disincanto ritrito, ma attaccato a questo filastrocchismo il cinismo è sempre più efficace. Peccato che sfumi. Odio quando sfumano, Lucianone.

11. Quando mi vieni a prendere.
E parte il fazzoletto. Ligabue interpreta il bambino, e viene un po' da ridere. Gli effettini, shocking  le spatoline, la maestra, il latte, tutto ben incastrato nella retorica del piagnucolone. Sarà che mi fan girare quando tirano in mezzo i bambini, ma questo pezzo è fondamentalmente inutile: insomma, Vermicino che mancava in 3, è qua. Il cerchio è ora completo, Lucianone.

12. Il meglio deve ancora venire.
Speriamo, eh, Lucianone?

Insomma: Non posso nascondere che buona parte dei commenti qui sono mossi da un mio genuino detestare il rocker di Correggio, ma penso siano ben evidenti e argomentati i motivi: la pigrizia compositiva, tematica e di stesura, il totale spaesamento etico-morale che traspare nei testi, nonché lo sproporzionato seguito a lui dedicato (sintomo second me di un certo pressapochismo più generalizzato, ma tant'è...). In questo disco, si aggiunge una produzione esageratamente plasticosa e di molto glassata rispetto alla relativa ruvidezza del passato - forse proprio in uno sfoggio d'onestà.
Per il resto, non è cattivo.

Fine?
Fine. Tocca a Sugar!


1. Un soffio caldo
Si inizia cona Zucchero fa il Manzoni, a volo d'angelo sui campi e poi giù a limoni. Qui Guccini non è evocato, come nel disco poc'anzi recensuto, ma c'è davvero. E quasi non sembra lui. A sostegno del pezzo fischettiare che si presta ad armonizzazioni bucoliche mica da ridere, che minghia sembra che sta già arrivando Brian Wilson e il Pet Sounds. Poi questa con l'ukulele si fa una meraviglia.

2. Il suono della domenica. 
In lingua anglofona, il testo l'ha scritto Bono. Continua il filone agreste, forse anche meglio. Immaginatevi Zucchero col chitarrino sotto il portico al tramonto, o per strada che cammina da solo. E potete anche immaginare meno, visto che le copertine dei dischi son sempre così... Comunque, qui abbiamo l'altra faccia della medaglia: quella del presente, non più dorato e caloroso come prima (con stoccata religiosa "ho visto fedi false fare solo guai"-- che impunito che sei, 'a Fornacià). Però, c'è sempre la speranza che in fondo 'il suo della domenica' rifiorisca....

3. Soldati nella mia città. 
Metafora leggermente datata Seconda Guerra Mondiale, dove finalmente un cuoricione può donarsi alla Ricostruzione. Peccato, pezzo meno riuscito del disco, ma lo si perdona, dai.
4. È un peccato morir. 
Pasquale Panella, sì lui... quello di capolavori (e non scherzo - beh, forse nel terzo caso un po' sì) come: questo, questo e questo. Qui il Vanera si è fatto di cicoria e fa le Bucoliche di Virgilio Sangiovese edition. Tutti a far l'amore nelle vigne per celebrare la vita. Spetta, sbagliato pezzo.
* Oscar per la miglior frase sulla Trinità: "Gloria a te nell'aria / quale tu sia / solo uno o solo in compagnia".
** Qualcuno mi spiega il mistero di "fare 101"?

5. Vedo nero.
Finalmente un nuovo classico sulla Patonza e sulla frustrazione da mancanza di coccole - con le relative conseguenze - da cantare sui pullman e scrivere sui muri di questa città. Mimmo Cavallo - paroliere - resuscita i proberbiali doppi sensi su "Shock the Monkey" di Peter Gabriel, vince l'Oscar alla Virilitàcon "la vedo nera, ma nera nera, ma non mi arrendo: ho alzabandiera".

6. Oltre le rive
Praticamente il remake di Diamante con un pizzico di She's My Baby, ma stavolta scrive quello che Tony Renis ha definito "il Francesco De Gregori del 2000" (non chiedetemi perchè....), ovvero Pacifico. Lasciamoci trascinare nel limone duro in questo capolavoro d'assonanze fonetiche, mentre Zucchero ci parla di uno stalker che arriva a occupare abusivamente una tipa. No, scherzo: è il drammatico percorso di un uomo separato a forza dalla squinzia (morta?)

7. Un uovo sodo
Stesso argomento, in simpatia. Da consumare dopo tre minuti e quindici. 

8. Chocabeck
Zucchero + Pasquale Panella + Brian Wilson + pompa truzza: il mondo ora può finire serenamente. Sulle note di Mamma Maria dei Ricchi & Poveri, of course.
Oscar a Panella per: "Di più di più, l'amore fu / un calcio in culo e tante stelle lassù".

9. Alla fine
Si parte dal bucolico, e si va nel trascendente. Probabilmente un futuro classico gospel zuccheresco, zuccheriano, zuccheroso. Ma penso che tutti sognino di spirare (sì, ok, sto generalizzando) nella natura.

10. Spicinfrin Boy
Qui il Nostro si guarda da ragazzo (spincifrin era un appellativo addossato all'Adelmo dalla sua nonna) e unisce, come in Chocabeck, dialetto e inglish in un altro bel spaccato di vita.
 
11. God Bless The Child
Andiamo sul melancoepico galoppante come solo l'Adelmo sa farli. C'è un po' di Freddy Mercury in Who Wants To Live Forever, c'è un po' di prosciutto crudo... c'è tutto, però non è che alla fine attecchisca molto. Peccato, ma grazie lo stesso, zio Adelmo.

Insomma: 
Da un punto di vista puramente pragmatico, questo è il miglior disco italiano dell'anno. Mi spiego: è senza dubbio il miglior pop che possiamo produrre ed esportare, che venda e che abbia un pubblico quantitvamente incisivo. La qualità direi discretamente luminosa del disco - e il divertimento che la impregna - sono tutto grasso che cola.
Sembra un turarsi il naso, ma non lo è del tutto.


La morale di questa storia: 
Quando il gioco si fa duro, porgi l'altra guancia.

Soonissimo:
Prospettiva Miyazaki #5 : Kiki, Consegne a Domicilio


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