buzzoole code

Prospettiva Miyazaki #4 - Il mio vicino Totoro

Pant-pant-pant... che fatiguera la vita, ragazzi! Non riesco a starci dietro a sti post miyazakiani. E un po' mi manca il vecchio Double Feature, quello cazzonissimo dei primi tempi... ma tornerà, cari amici spettatori, tornerà, come è tornato Mike.
La prospettiva procede, visto che è sua prerogativa naturale quella di prospicedere... quest'oggi tocca a Il mio vicino Totoro 

È il 1988, un anno drammatico per la storia dell'umanità. Viene approvata la Legge Mammì, Achille Occhetto diventa segretario del Pci, George Bush Sr viene eletto presidente degli Usa. A salvare l'anno solo questo. Ah, e Il mio vicino Totoro. Hayao Miyazaki sforna un film più leggero e di pura evasione, un omaggio alla sua stessa infanzia e - anvedi sto incorreggibile cicciobello - all'infanzia del genere umano. E, nel processo, vien fuori quello che probabilmente il film più importante dello Studio Ghibli.
Vi presento Satzuki (a sinistra) e Mei (a destra). No, non sono di Faenza.
Il film parla fondamentalmente di un sogno ad occhi aperti: le sorelle Satzuki e Mei si trasferiscono col padre nella campagna giapponese - nel satoyama, stando al WikiWiki. Dapprima, le simpatiche bimbette notano che il vecchio casolare in cui si trasferiscono è infestato da misteriosi riccetti neri che spariscono misteriosamente; poi la più piccola, Mei, seguendo uno strambo animaletto s'imbatte nella tana del gigantesco e affettuosissimo Totoro! È l'inizio di un'avventura oltre ogni loro immaginazione...
Diamine, dovrei scrivere i riassuntini delle guide TV...
Con il Totoro, Miyazaki dimostra che un altro storytelling è possibile: uno in cui a mettere in moto una storia non sia il conflitto (in senso lato, latissimo), ma la curiosità. Come nella vita di ognuno, come nella nostra inarrestabile commedia umana, in Totoro ci sono tutti gli ingredienti: più saporiti  allegria, malinconia (a proposito, qui, per la prima volta, abbiamo una famiglia completa -  o quasi, la madre è malata e si vede in pochissime scene, e la cosa è molto autobiografica, visto che la mamma di H&M era malatissima di tisi spinale), avventura, scoperta, catalizzate da un calore umano che, come un autotreno (no-prize per chi coglie la citazione...), permea ogni fotogramma della pellicola. Un'esperienza emotivamente rigenerante per grandi e bambini, e al solo prezzo del biglietto del cinema. O forse neanche quello.

Totorain
Una fetta molto importante di quello che avete visto o vedrete in questo film è responsabilità dell'art director Kazuo Oga, che, oltre ad aver plasmato in punta di grafite lo stupendissimo Totoro - infilato di corsa nel logo dello Studio Ghibli -, ha un po' imposto il taglio estetico del film e la sua vivida e calorosa 'campagnolità' scintoista. Ma è appunto proprio Totoro ad aver folgorato l'immaginario dei bimbi giapponesi: per loro, è un po' come il Gabibbo da noi vent'anni fa. Solo molto meglio.
In sintesi, Totoro è un film che ti viene da consigliarlo a tutti perchè ti scalda il cuore, è commovente e scioglie anche i pezzi di marmo senza far succedere tragedie spaccacuore, e dove tutto è possibile, a patto che si abbracci il fantastico. E quasi quasi ti viene voglia di fare un figlio per vederlo con lui.
Ah, e poi c'è pure un seguito (Mei and the Kittenbus), ma dovete andare in Giappone al Ghibli Museum a vederlo.

Non dire gatto se non c'hai il bigliatto.
Totoro ha fatto esplodere Miyazaki all'estero - che non è esattamente una bella immagine, soprattutto considerati i precedenti di Pearl Harbor. Lui, dopo la brutta esperienza di Nausicaa, amputato e detrupato tipo Renato Balestra dall'adattamento americano, impone che non si cambi una virgola del suo film. la Totoro mania dilaga, e allatta una generazione intera di narratori per immagini...

Guarda chi ti appare... a sinistra!

Sempre più prossimamente:
Arrivederci, Mostro! vs. Chocabeck

Next week:
Prospettiva Miyazaki 5: Kiki, Consegne a Domicilio!

Prospettiva Miyazaki #3 - Laputa, Castello nel Cielo

animaVi sono mancato, eh...?


Ok, andiamo avanti!
Bentornati su DoubleFeature, ma soprattutto alla nostra sudatissima Prospettiva Miyazaki. Oggi ci occupiamo di un film che credo sia stato pesantemente adattato nella versione spagnola, ovvero Laputa - Castello nel cielo, conosciuto anche come Castle in the Sky. Questa arriva dopo...
Laputa (1986, e segnatevi la data, perchè è tipo Anno Domini) è il primo film che Miyazaki realizza sotto lo Studio Ghibli, nato nel 1985 da quelle menti ingegneristiche dello stesso HM, del collega Isao Takahata - un omino tanto simpatico che sembra Gianni Morandi, ma con gli occhi chiusi. E giapponese -  e del produttore Toshio Suzuki. Attorno allo Studio Ghibli c'è una fama quasi leggendaria - e, d'altronde, vedendo i risultati, la cosa è ampiamente giustificata.
Ma veniamo al film.


Fuggita fortunosamente da un tentativo di rapimento da parte di un gruppo di pirati, la giovane Sheeta scampa da morte certa grazie a una misteriosa pietra  - chiamata gravipietra - ereditata dalla madre. Il giovane minatore Pazu si prende subito cura di lei, ma ben presto si trova nel mezzo di una doppia fuga, sia dai pirati che dal malvagio Muska, esponente del governo e liaison con l'esercito, che vuole impossessarsi della pietra.
Scoperto l'immenso potere della pietra e il suo retaggio millenario, Sheeta viene però rapita da Muska, che si impossessa del talismano: salvata all'ultimo minuto da Pazu, unitosi alla sgangerata banda di pirati di cui sopra, guidata da Mamma Dola, si mette alla ricerca della leggendaria isola volante di Laputa, ultimo avamposto di un'antichissima civiltà. Ma il misterioso Muska li tallona...

Fanciulle Volanti Non Ancora) Identificate....
Laputa è senz'altro un film di molto più riuscito di Nausicaa. Ed è tutto dire. Come abbiamo avuto modo di disaminare settimana scorsa, Nausicaa nasce come sintesi di un manga in pubblicazione, e soprattutto si trattava del primo film la cui responsabilità artistica era interamente di Miyazaki. Un primo passo un po' pesante, ecco.
Laputa si fa forte di questa imprescindibile "prima" esperienza, però facendo un passo ulteriore verso la compiutezza, sia per quanto riguarda la sceneggiatura - più compiuta e focalizzata -, sia per quanto riguarda l'imagerie, che aggiunge al consueto mix di sense of wonder e umorismo la deliziosità del trance de vie. Quando la somma è maggiore degli addendi insomma. (con questo, esaurisco i forestierismi per la settimana)
Orgogliosamente, Miyazaki porta avanti i suoi personaggi archetipo, specie per le protagoniste femminili: Sheeta, il fulcro del film, è nobile per lignaggio e propensione, idealista e coraggiosa. E, qui come emblema della sua eredità, vola. Come ogni maschio miyazakiano, c'è azu, riciclo del Peter di Heidi, un ometto testardo e un po' allocco, forse il comprimario maschile più idealista tra quelli creati da Miyazaki. Curioso come entrambi siano orfani (Nausicaa e Clarissa lo erano), e curioso anche come il loro rapporto si sviluppi come prossimo a una relazione di coppia.
Dola invece si propone come maschera estremamente originale, una sorta di versione di Lupin al femminile, con una maggiore attitudine al comando e una maggiore saggezza, ma con la stessa dirompente vitalità, espressa a chilate di cibo ingurgitato,  attraverso la prominente fisicità e soprattutto con una premurosità burbera che neanche la mamma di Bud Spencer.
Infine, il cattivo: Muska, con esercito al seguito, polarizza il male nella sua persona, e con esso tutti i consueti valori negativi di prevaricazione, violenza e smania di potere. Il lato oscuro di Laputa, come abbiamo modo di scoprire...

Questa mamma è meglio della tua.

Al consueto fusto di manicheismo sfumato e ecologia, H&M innesta un temone da Battlestar Galactica, ergo la caduta di una civiltà per mano della degenerazione tecnologica: Laputa, al centro di una vera e propria mitologia demiurgica (Laputa come l'isola volante del Gulliver di Swift, ma anche al centro di molti avvenimenti mitologici tramandati nei secoli), è infatti caduta per l'eccessivo sviluppo tecnologico, che, come simboleggiato dal robot-giardiniere, non viene mai rigettato dall'autore, che auspica semplicemente che venga razionalizzato.
Abbiamo anche un sano tocco di comunismo, con Pazu lavoratore nelle miniere, sorridente strizzatein d'occhio del Miyazaki alle lotte dei minatori gallesi degli anni 80.

!
Il film guadagna in intrattenimento puro grazie a un intreccio serrato e preciso, personaggi spassosissimi e un taglio avventuroso che lascia intravvedere un fertile sottotesto. Anche dal punto di vista registico, Miyazaki prende le già suggestive sequenze aeree di Nausicaa e alza la sbarra, sia grazie a un design di navi e personaggi ancor più coraggioso. e alla coerenza nel mantenere alto il lirismo e l'eleganza dell'insieme,senza perdere in suspense e suggestione. Laputa è un film che si sviluppa in verticale, sia nelle scenografie che nell'intreccio - ed nel quale traspare l''vidente l'innamoramento di HM per l'arte, l'architetura e la cultura europea.
A contorno, un passo ulteriore nello steampunk (quasi a schiaffi in faccia nella sequenza dei titoli), la spassosa comicità slapstick (dove davvero si intuisce la sapienza e l'attenzione maniacale degli animatori), oltre alle autocitazioni (gli scoiattolo-volpe di Nausicaa).
Di seguito, i titoli di testa e di coda saldati in un tutt'uno, per trasmettervi via http un po' dell'atmosfera incantata del film. See you soon, fellas!


Next time:
Il mio vicino Totoro!

Somewhere along the line:
Arrivederci mostro vs Chocabeck!

Prospettiva Miyazaki #2 - Nausicaa della Valle del Vento

Ed eccoci in ritardissimo con il nuovo, fecondo post sulla Prospettiva Miyazaki. Mi scuso per il ritardo, e soprattutto per il fatto di avere esplicitamente saltato il post in programma, ma è la vita. Recupererò, bei fieuls.
Ma bando alle ciance che ho su il té.


Porco Rosso. Uhm, forse.

In un remotissimo futuro, la Terra è stata funestata dai Sette Giorni di Fuoco, che hanno raso al suolo la civiltà umana e devastato l'equilibrio ecologico del pianeta. Solo pochi gruppi di sopravvissuti resistono all'avanzare della letale Giungla Tossica, dove vivono piante e animali che producono spore letali all'uomo. Nausicaa, principessa della Valle del Vento, è una coraggiosa fanciulla che ha caparbiamente abbracciato la missione di scoprire la vera natura della Giungla Tossica - che la ragazza vede come una nuova opportunità per la vita sulla Terra. Ma tutto cambia quando i crudeli Tolmekiani, sulle tracce di una nave volante del regno di Pejite precipitata nei pressi del villaggio di Nausicaa, assoggettano la Valle del Vento e si preparano a conquistare il pianeta.

Addio giorni felici.
Nausicaa è innanzi tutto un manga, ma soprattutto il figlio illegittimo della disoccupazione. Nel 1982, il buon Hayao si trovava in (ovvie) difficoltà finanziarie a causa dell'assenza di ingaggi come animatore, e decide di ripiegare su un progetto tutto suo, Nausicaa appunto, con due obiettivi: chiuderlo quando avrebbe trovato un nuovo impiego, e, soprattutto, non trasformarlo mai in cartone animato. Detto fatto: il manga è durato dal 1982 al 1994, mentre il Nostro ha sfornato qualcosa come cinque lungometraggi, primo dei quali proprio Nausicaa. C'è da precisare che quest'ultima situation non è propriamente da addossare interamente ad HM, che, dovendo assecondare una decisione già presa dell'editore, decise di espandere il progetto originario di un corto di quindici minuti prima in un episodio da un'ora, e poi in un lungometraggio full size.
Nausicaa unisce da una parte una suggestione tutta infantile per il personaggio omerico (dite grazie al signor Pedia), emblema di proto-femminismo per il nostro, visto il suo completo disinteresse per i bellimbusti greci - e come biasimarla viste le tendenze -, e la sua preferenza per arte e natura, che la portarono ad essere la prima Menestrella; dall'altra, è il classico della letteratura giapponese del XI secolo Storia del Consigliere Tsutsumi, del quale non so dirvi niente, tranne che le mie fonti dicono così, e a volte bisogna anche un po' fidarsi. That's the press, baby
Una terza e pesante fonte d'ispirazione è talmente eterogenea e multiforme che vien quasi da applaudire: si chiama letteratura fantastica. Qui c'è tanto Dune, c'è tanta fiaba occidentale, c'è tanto di tutto che alla fine non ci si può far neanche troppo caso, perchè il risultato è tutto Miyazaki.


OttoOhm. (e prova a farlo al computer, James Cameron).
Il tema dominante è quello del rapporto tra uomo e natura - tanto che in molti si sono avventurati nel descrivere il genere di Miyazaki come eco-fantasy (WORST. DEFINITION. EVER). La poetica miyazakiana ha un caposaldo proprio in questa continua ricerca di un rapporto più sereno fra Madre Natura e il suo Figliolo più stronzo, rapporto che certo non obbliga al naturismo né preclude la possibilità della tecnologia (il villaggio della Valle del Vento, un paesello medievale con notevoli innesti ingegneristici), ma vuole evitare gli eccessi di tirannizzazione e sfruttamento - che molto spesso in Miyazaki coincidono con la militarizzazione e l'esplicita rottura dell'"armonia naturale" attraverso la crudeltà della guerra. I cattivi miyazakiani, per quanto spesso non schematizzabili come semplici villian (nota per i non-anglofoni: per villain si intende il farabuttissimo, il cattivone, lo stronzo, il figliodiputtana... capisc?), sono quelli che si rendono prepotenti proprio attraverso le armi.
Quello che incuriosisce di Nausicaa è il fatto che neanche la fazione più natural-naturante, gli abitanti della Valle del Vento appunto, si rendano conto di quello che la protagonista sospetta già da un po'... che neanche la Giugla Tossica è malvagia, neanche i temutissimi Ohm. E questo rafforza la paturnia mentale che mi sono fatto io, ovvero che qui in questo pasturone il vecchio Hayao c'abbia infilato anche un po' di Metropolis - la mediazione cuore e mente, nessun potere è veramente malvagio... però ora che lo scrivo mi sembra tirato per i capelli.
Centrale in questo e nei film di HM tutti è la protagonista femminile, che non è una slumacona passiva come nella metà della cinematografia mondiale, ma è un personaggio forte, auto-cosciente, determinato, ottimista ed emozionante, inizialmente puro ma già abbastanza maturo da capire la necessità dello "sporcarsi le mani" (la strage di Nausicaa in casa propria ce lo sbatte in faccia). Leader naturali, insomma, sia per lignaggio che per tempra.
Anche lei, come tutte le eroine miyazakiane, vola - e il volo è un topos (eeeh, ho studiato) mica da ridere, simbolo di un contatto speciale con il mondo, sottolineato anche dalla particolare empatia che Nausicaa dimostra di avere verso tutte le forme di vita.
Nausicaa non è solo un film contenutisticamente tosto - anche se narrativamente piuttosto sfilacciato -, ma è soprattutto una pellicola pericolosamente splendida visivamente. L'attenzione maniacale del team Miyazaki porta sullo schermo un universo "fantasy" (brrr...) luminoso e credibile, nel solco della tradizione di artigianato zelante e dedicato della tradizione giapponese, ma con una freschezza di sguardo che sorge dalle innumerevoli suggestioni visive tratte dall'arte e dai numerosi viaggi di HM&soci, suggestioni che il regista riplasma ogni volta. Come dice mia mamma: "Guarda quando cucino così impari" - ecco, lo stesso, ma applicatelo al mondo reale.
Come accennavo, non si tratta di un film la cui sceneggiatura non è perfettamente riuscita, ma mi dicono che in Giappone è stata una roba rivoluzionaria. Io ci credo, e non devo fare neanche troppi sforzi. Per indurvi ulteriormente a vedere questa perla - e a farvi rodere perché questa conclusione fa pena - allego anche un allegrissimo trailer coreano!
See you soon, dear losers!




Next week:
Ciocabeck vs. Arrivederci, Mostro.
(finalmente)


Next on Prospettiva Miyazaki:
Laputa - Castello nel Cielo